"Odio quando la gente ti chiede di cosa parla un libro. […] Di cosa parla? Ogni libro degno di questo nome è fatto di emozioni, amore, morte, dolore. È fatto di parole. Parla di un uomo e della sua vita. Okay?"
Ogni volta che chiamiamo le cose con il loro nome stiamo dando loro un valore e un riconoscimento, le autorizziamo ad esistere. Ciò che esiste ha un nome. L’ignoto rimane tale proprio perché non definito. Così quando nasciamo. Saliamo sulla giostra con un’etichetta scelta da chi ci ha messo lì. E la portiamo addosso, nel bene e nel male. Non escluderei che il nome contribuisca a plasmarci o che sia perlomeno una previsione di ciò che saremo.
È la storia del protagonista, JR Moheringer. Il suo nome suona strano. «E JR sta per …?». La verità è che quella sigla è un marchio di fabbrica indelebile. JR infatti sta per junior, appellativo posposto a un nome derivato da quello paterno. John Joseph Junior. La madre, scappata dal marito egoista e violento che aveva tentato di ucciderla con un rasoio, ha deciso di chiamare il figlio con due iniziali che non ricordassero troppo l’origine passata. Solo J.R. Ma questa scelta segna tutta la vicenda. Sul ragazzo rimane appiccicato il nome di un padre assente, tremendamente assente. Un’assenza che ci accompagna per tutto il romanzo. La sentiamo vibrante tra le righe. Il padre è La Voce, quella che proviene calda e suadente dalla radio per la quale lavora l’uomo. Per tutta l’infanzia il piccolo rimane con le orecchie attente, cercando di sentire quel suono. Possiamo quasi vederlo nella casa diroccata dei nonni appoggiato sulle ginocchia, mentre si dà da fare per sintonizzarsi sulla frequenza giusta. Attento a non dare troppo nell’occhio per non ferire la sensibilità della mamma.
La vicenda si snoda lungo tutto l'arco della vita dell’autore che cerca disperatamente figure maschili. Le cerca in un nonno trasandato e brontolone che centellina le dimostrazioni di affetto, quasi per paura di esaurire la scorta, risultando così freddo e senza cuore. Le cerca nei due librai bibliofili ma misantropi che prendono a cuore la sua formazione e lo avvicinano all’universo della letteratura. Le cerca soprattutto nei ragazzi del Publican, il bar di Manhasset, la cittadina de Il Grande Gatsby. Uomini come Steve, come zio Charlie, che si atteggia un po' al Bogart di Casablanca, come Colt, con il suo timbro da orso Yoghi, come Joey D, un picchiatore biondo dal cuore tenero. Figure splendidamente tratteggiate che diventano quasi familiari per il lettore. Il bar è il luogo che lo accoglie sin da piccolo e che rimarrà il rifugio in cui tornare ogni volta che la vita lo metterà con le spalle al muro, con i sogni infranti e i cocci da raccogliere e riassemblare. Figura emblematica risulta essere Sidney, la ragazza che JR sogna di sposare un giorno ma che è troppo impegnata a realizzarsi, troppo bella e altolocata per stare accanto a un aspirante giornalista squattrinato. Una novella Daisy insomma.
«Pensavo che voleste parlarmi dell’alcol e della droga» dissi «o delle ragazze. O degli studenti ricchi. O dei professori stronzi. Ma… la disillusione?»
«La disillusione è più pericolosa di tutte queste cose messe insieme» sentenziò Bud.
Autore: J.R. Moehringer
Titolo: Il bar delle grandi speranze
Casa editrice: Piemme
Data: Milano 2014
Data: Milano 2014
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